Via Monte Brianzo 51

Italia, Roma


Luogo non più esistente
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All’inizio di dicembre, dopo essere stato sfrattato da via Frattina a causa del suo alcolismo (lui dirà al fratello Stanislaus per sconosciuti motivi), James fu costretto a cercare una nuova abitazione. Dopo aver dormito nella camera di un hotel dal costo di 9 lire per notte e aver cercato una nuova abitazione più centrale a Roma, il 6 o 7 dicembre 1906 Joyce trovò due stanzette al quarto piano del numero 51 di via Monte Brianzo.
Vi era solo un letto, così piccolo da costringere James e Nora a coricarsi con un contatto testa-piedi, circostanza che ricorderà nel suo Ulisse: “(…)mi sa che pure quello dormiva ai piedi del letto coi suoi piedoni giganti in faccia alla moglie cavolo quanto puzza ‘sta roba”; vi era però la possibilità di cucinare, per cui i pranzi venivano consumati a casa, mentre per cena la famiglia Joyce si recava ogni sera in trattoria. La casa si trovava in un’area cupa e dimessa, sebbene vicina a piazze monumentali, che sorgeva sul Tevere: James odiava quel fiume poiché gli incuteva timore, così profondo e impetuoso rispetto alla placida Liffey.

James continuava a lavorare in Banca, dove era stato promosso, ma decise di lasciare il ruolo d’insegnante presso l’Ècole des Languages, credendo di aver acquisito un ricco studente privato grazie all’intervento di Padre Michele, il quale però non si presentò a lezione. Obnubilato dall’alcol e dai lamenti di Nora che chiedeva di cambiare casa, ai primi di febbraio disdisse l’appartamento di via Monte Brianzo e versò la caparra per una nuova stanzain via del Corso, trovata da Nora e che avrebbero dovuto occupare dal 15 del mese.
L’11 febbraio l’intero stipendio era già stato speso interamente fra l’inutilmente doppio affitto, abiti, scarpe e cappelli: James si ritrovava a chiedere a Stanislaus l’ennesimo prestito, di dieci corone.

Irrequieto d’indole e deluso da Roma, privo di tempo per scrivere e tormentato da incubi macabri, Joyce iniziò a percepire amore e indulgenza verso la propria Patria, l’Irlanda, e decise che era giunto il momento di scappare dalla Città Eterna. Informò la banca delle sue dimissioni a fine mese (in realtà vi lavorò fino ai primi di marzo) e, sebbene il progetto iniziale fosse quello di trasferirsi a Marsiglia, alla fine comunicò a Stanislaus che sarebbe rientrato a Trieste, ammettendo che intraprendere l'esperienza romana era stata un'idiozia.
L’ultima notte romana, il 5 marzo, James alzò troppo il gomito finendo per essere derubato di tutta la liquidazione ritirata il giorno stesso dalla banca. Con i pochi spicci rimasti, il 6 marzo 1907 prese i biglietti del treno e partì da Roma con Nora, nuovamente incinta, e Giorgio alla volta di Trieste. Non vi ritornò mai più.


Una soddisfazione in questo periodo, però, James Joyce la ebbe: grazie all’intercessione dell’amico Symon, l’editore Elkin Mathews il 17 gennaio 1907 gli mandò un contratto di pubblicazione per la sua opera Musica da camera, a cui fecero seguito a febbraio le prime bozze. Riuscì, inoltre, grazie alla distanza presa dall’opera in quel momento di stasi compositiva, a focalizzare meglio i capitoli meno efficaci di Gente di Dublino e a immaginarne di nuovi, sebbene il nuovo episodio, Ulisse, incentrato su un ebreo dublinese tradito dalla moglie, non fosse proseguito oltre al titolo, come annunciò al fratello Stanislaus.
Il 21 febbraio anche l’editore John Long, dopo Richards, rifiutò di pubblicare Gente di Dublino.
Sebbene lavoro e problemi non gli avessero permesso di dedicarsi alla scrittura, le sensazioni di emarginato in una città che non sentiva propria diede lo spunto per la sua unica opera teatrale, Esuli, che maturò anni dopo.


La zona, all’epoca misera e popolare, è stata oggetto di una riqualificazione e la maggior parte delle costruzioni dei primi anni del Novecento è stata abbattuta, compreso l’edificio che ospitò James Joyce.

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